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In questo numero COSE STUPIDE Menetti METTI UN GIORNO IL LAVORO Rizzitelli, Del Bue CURRICULUM VITAE Grimaldi LE AVVENTURE DELLA GIOOSY E. Leoni ISCRIVITI Mantissa LE SOFISTICHE Maffioli, Marzi, Isia FILOSOFIA Pat MIO FRATELLO Donnelly ADESSO FAI Donnelly ATTESA Bosotti MILANO 2054 bulander, Nardi LA STUDIOSA PRECARIA Roz L’ORMONE MISTICO Livia PORTE Lupo, Mt PENSIERI DI UNA MISANTROPA Giacobino, Sdralevich IN VALIGIA Doaa El Adl LA FIERA DELLA DONNA E. Leoni NUOVE DROGHE Martìn, Company LE CONSEGUENZE DEL PREMIO ZERMAN Marzi, Isia SILVIA Le Pinne, Maduena È NATO! Mantissa RICETTARIO Franc, Orrico NUVOLE SUL LAVORO Acta e Aspirina COLOPHON Lupo, Mt -
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Metti un giorno il lavoro
di Clara Rizzitelli
C’era una volta
Che mi hanno fatto fare una prova
Mi hanno fatta presentare
Tre minuti
Come davanti alla telecamera
Che poi ti riguardi, dice.Metti che ti devi vendere
Metti che la tua voce sia suadente
E i movimenti del tuo corpo accoglienti, dice.Metti che tu sia un prodotto
Metti che non importa quello che sei ma solo quello che fai
Metti che di persone come te troppe ce ne sono, dice.Metti che c’è bisogno che tu sia un investimento
Metti che ci provi davanti allo specchio, dice.Metti che non sei realmente insicura
Neanche nostalgica di un passato che mai vedrai, dice.
Metti che il posto fisso non lo conosci
E metti che non conosci nemmeno le garanzie
Non ti aspetti sicurezza
E non hai idea di progetti e futuro, dice.Metti che se sei una donna finalmente le sai usare le tue armi
Metti che ad ogni condizione lavorerai
Che ti farai pagare per la professionalità
Ma solo quando sarai professionale, dice.Metti che a nessuno guarderai in faccia
E metti che comunque non ne avresti il tempo
Metti come se una vita altra non ce la potrai avere, dice.Metti che se sei brava resti
E metti che se non sei brava te ne vai
Metti che il lavoro è come la vita – c’è chi ce la fa e c’è chi non ce la fa – dice.Metti che l’ansia ti sarà necessaria
E che necessario ti sarà il sorriso
Metti che alla fine, il grazie, tocca a te, dice.Metti che ti riguardi
Metti che capisci da te che non mi sei piaciuta
Metti che non ti assumerei, dice.Metti che questa non è una favola.
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Le sofistiche
di Francesca Maffioli e Laura Marzi
Dialogo 1, tavola 6, frammento 14
Do mortadella ut des monetaLa Protagora
Ieri ero sulla mia bicicletta e come capita ormai da numerosi giorni, ho iniziato a lamentarmi fra me e me. Ma aspetta Gorgia, voglio riferirti ogni cosa in ordine, dal principio.
Tu sai che percorro lunghi tragitti per via della dislocazione periferica della mia abitazione e che non ho la macchina, e che da un certo tempo, ogni giorno, affondo una lamentazione ad ogni pedalata. Bene, ieri, quando quasi ero quasi giunta nel luogo che era la mia meta ed ero al contempo all’apice di un interrogativo che mi affligge, ecco, un uomo, un barbaro che sull’altra corsia della pista ciclabile, mi proferisce una esternazione gastrica… Mi ha ruttato in faccia!
Considerata la bile nera che attualmente domina il mio corpo, ebbene mi è parso già lodevole il non aver immaginato di scagliarmi contro quel beota, ma sono stata ancora più scaltra.
L’insulto gastrico di quel bruto ha posto fine alle mie lamentazioni da biciclo e mi ha indotto a cercare una soluzione. Tale doveva essere infatti la bassezza delle mie considerazioni da indurre l’universo a farmi rispondere con un rutto!
Mi sono soffermata allora a riflettere sul mio lavoro. Ne converrai anche tu: mi dà scarsi guadagni, mi induce a sospendere malamente la pratica filosofica, lo studio: faccio panini, do da bere, mentre il sole infligge i suoi raggi. Si potrebbe dire che do mortadella ut des moneta, mentre gli avventori esternano i loro impulsi sessuali e la mia collega le sue perturbazioni.
Allora, Gorgia mia, ti chiedo: se cercassi di cambiare lavoro? Come lo considereresti?
E anche: se non interrogare mai il timore di restare senza lavoro, che non ci sia lavoro al mondo né alcuna forma di bene ormai, fosse come restare sordi ai rutti che l’universo ci proferisce in faccia?La Gorgia
Certo, Protagora, un’esternazione gastrica in pieno viso è valsa la potenza della tua riflessione, la catena di questo scambio immaginifico con il barbaro. E questo beota nella tua testa, e ora anche nella mia, è un molteplice, un unico corpo in cui albergherebbero ipoteticamente più anime…Allora analizziamole queste possibili anime, del beota.
Beota 1: Anche senza parlarti, è come se ti avesse detto : « Basta lamentazioni, tu sei la astuta Protagora, di cosa inveisci contro gli dei? Hai un lavoro, anche se è quello di distribuire panini per tre ore al giorno! Io invece non faccio che bere e non è nettare degli dei… ».
Beota 2: L’emissione gassosa fuoriesce come una pacca sulla spalla, a dirti: « Ma che ci fai a lavorare per quel misero guadagno, a fare un mestiere che non nutre affatto la tua anima, a sacrificare il tempo in cui il tuo spirito potrebbe innalzarsi allo scambio do mortadella ut des moneta? ».
Beota 3: Quel barbaro potrebbe avere invece ruttato perché al culmine del disagio, dell’annichilimento, dello scoramento, tali per cui l’unico moto di vitalità è il proprio stomaco che si fa sentire, a declamare: « Sono vivo, ho fame, grazie agli dei, ci sei tu che mi fornisci di panini caldi e bibite fresche… ».
Ma se proprio vuoi che ti indichi quello che devi fare, allora considera che devo anche io immaginare di avere due anime nel mio solo corpo:
il mio demone buono ti direbbe di continuare con questo lavoro;
il mio demone cattivo ti direbbe di continuare con questo lavoro, ma per mero opportunismo, per una briciola di guadagno, vivendo questo momento presente come una fase intermedia, perché vendere trippa e distribuire liquidi rinfrescanti può essere una prova per la libertà della tua anima.continua…
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