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In questo numero
COSE STUPIDE
PENSIERI DI UNA MISOGINA
RICETTARIO
CHE BARBA
LA MIA PRIMA VOLTA CHE…
LA STUDIOSA PRECARIA
ITALIA NEET
NEET
FORMALYNE
PROBLEMI TECNICI DI SEDUZIONE
FEMINIST HELP
L’AMORE, IL LAVORO E JANE EYRE
L’ORMONE MISTICO
SELFIE
LE SCIAMANNATE
ABITARE
PENSIERI DI UNA MISOGINA
LA BARZELLETTA
SOGNO ARANCIONE
NIDO VUOTO
SULLA CERTEZZA
WONDER RINA
CARTOLINE DAL MONDO
LE PISCINE
COLOPHONSara
Giacobino, Sdralevich
Franc, Orrico
Doaa El Adl
Rizzitelli, Del Bue
Roz
Nardi
bulander, Nardi
E. Leoni
Lupo
Pat e Lo
Mango, Ila
Livia
Donnelly
Pat & Ste
Bosotti
Giacobino, Sdralevich
Martìn, Company
Eva
Maldini
Ludwig
Annaurla, Elisatron
Isia
Le Pinne
Mantissa
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PENSIERI DI UNA MISOGINA
di Margherita Giacobino
Fasi storiche recenti del lavoro delle donne
Anni Settanta : tutto il lavoro è prostituzione – voglio farmi mantenere dallo Stato
Anni Ottanta: per quello che mi pagano, è tanto se vengo in ufficio
Anni Novanta: l’emancipazione? Una fregatura. Voglio tornare a fare la casalinga
Anni Duemila: flessibilità, mobilità, part time: lavoro a tempo perso, così mi resta tempo per me
Anni Dieci: sono una cinquantenne in cerca di prima occupazione, aiuto, chi mi mantiene?Pensierino amicale
Metà delle mie amiche sono disperate perché non riescono a smettere di lavorare, l’altra metà perché non riescono a cominciare. Io, che lavoro e non voglio smettere, sono disperata perché mi sento così sola. -
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La mia prima volta che è stato il primo giorno di tirocinio
di Clara Rizzitelli
Qualche mese fa è stato il mio primo giorno di tirocinio non pagato. Perché oltre a non trovare uno straccio di lavoro che manco in piadineria mi hanno chiamata, ci si ritrova a fare colloqui e prove anche per essere presi a lavorare gratis. Così faccio il colloquio e una simulazione di comunicato stampa che guarda come te nessuno mai neanche noi che ci lavoriamo nel settore, stappa una bottiglia che sei dei nostri. Da lì i miei tre mesi di beneficenza – che per carità il posto è rinomato, il lavoro è figo, le possibilità formative e lavorative inenarrabili, che qui non si fanno solo fotocopie, che vedrai la crescita, che sei un investimento, e che ancora oggi che ne scrivo sono disoccupata e sempre di beneficenza qualificata si è trattato. Aggiungi che l’ufficio è dall’altra parte della città e che se sei fortunata ci arrivi in un’ora di mezzi pubblici e che non c’è bisogno di dirlo non esiste un rimborso spese manco per i trasporti.
Così il gran giorno, e come ogni gran giorno che si rispetti mi sono venute le mestruazioni. Tanto che appena salita sul 57 linea extraurbana mi arriva un sms di ex che mi dice che faccia seria ti ho vista sul 57 che io sono su quello in direzione opposta. Rispondo sto andando al primo giorno di tirocinio non pagato, ci metterò almeno un’ora coi mezzi pubblici, devo portarmi dietro il mio pc che non serve dirlo ha il formato di un Commodore 64, fa un caldo porco e mi sono venute le mestruazioni. Aggiungi che ho mal di schiena, sono ingrassata, mi sono venuti i brufoli e ho dei capelli imbarazzanti, ti assicuro che mi sono limitata ai mali minori. Mi dice come devo fare con te.
Sul 57 linea extraurbana ascolto la musica nelle orecchie come facevo da ragazzina sempre sul 57 e sempre linea extraurbana, solo che al posto dell’ipod un tempo avevo il walkman e almeno un paio di cassette di ricambio nella borsa, e insieme a quelle forse anche tanti sogni. Scendo in centro e vado a prendere per la prima volta la metropolitana di Torino che ha un’unica linea per la cui costruzione ci avranno messo almeno trent’anni e per cui è già più vecchia di me anche se a lei non dicono che è troppo tardi per il mercato del lavoro – che poi pare sia l’unica metro al mondo ad avere i treni meccanizzati senza autista e ad essere super veloce per i pochi secondi di fermata nelle stazioni che mi è venuta l’ansia già prima di salirci. Per questa volta arrivo viva alla fermata e visto che ho almeno mezz’ora di anticipo penso mi prendo un caffè e vado in bagno che proprio oggi ho messo i pantaloni chiari. Entro nel primo bar che trovo che chiaramente ha il bagno fuori nel cortile e che chiaramente è un buco e che chiaramente puzza come un cesso e che chiaramente a malapena riesco a muovermi figuriamoci a fare le mie cose e lavarmi le mani senza prendermi le malattie. Alla faccia della tecnologia, dell’ipod e dei treni meccanizzati, la giornata procede sempre meglio.
Arrivo in ufficio, tre minuti di convenevoli che qui bisogna essere da subito produttivi, tiro fuori il pc che ho anche lucidato per l’occasione e lui per ringraziarmi pensa bene di spegnersi quattro volte nel giro della prima mezz’ora di lavoro non pagato. Gli sussurro maledetto computer che figura di merda, farfugliando alla capa di problemi di areazione o di ventola o di tutte quelle cose lì. Tutto l’ufficio ad armeggiare e ingegnare un modo per tenerlo sollevato dalla scrivania e farlo areare o ventolare o chissà forse decollare. Non si spegne più, il lavoro è poi interessante, correggo racconti tutto il pomeriggio e impreco contro le scrittrici italiane che fanno errori grammaticali tipo un con l’apostrofo mentre le scrittrici straniere manco se lo sognano di sbagliare una cosa simile, e io forse me lo dico che se gli italiani avessero imparato la grammatica e l’analisi logica sarebbero meno politicamente manipolabili. Come primo giorno comunque poteva andare peggio.
Esco in ritardo, riprendo la metro e questa volta il 61 linea comunque extraurbana perché devo passare dai miei a recuperare il cane, dove arrivo trafelata per la maratona con una stanchezza non indifferente. Mia madre manco mi chiede com’è andata la giornata ma mi dice fammi vedere la mano che hai le vene sporgenti che sembrano varicose mai vista una cosa simile, però se vuoi ti faccio due friselle. Ciao mamma e me ne torno a casa col cane che per immenso senso di pena neanche mi strattona per strada. -
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Neet
di bulander
La Statale di Milano, in via Festa del Perdono, coi suoi bei chiostri, gli ampi cortili, era stata adibita a scuderie, la Cattolica a deposito di tram dismessi, destinati alla rottamazione. C’era ancora qualche corso alla Bovisa, la laurea in medicina si pigliava in tre anni, quella in fisica in due. La piaga dei Neet ormai imperversava nell’Italia degli Anni 80 del terzo millennio. Università chiuse, diventate centri commerciali, garage, palestre, oratori, discariche abusive, dormitori per immigrati. Si era tentato in tutti i modi d’indurre la gente a studiare, riducendo le tasse d’iscrizione, accorciando i piani di studio, offrendo un I Phone gratuito o una crociera ai Caraibi ai neoiscritti. Nulla da fare, la reazione era sempre la stessa “Ma che serve studiare se poi restiamo disoccupati tutta la vita?”. L’Italia, si sa, nella sua storia ha avuto lunghi periodi di abulìa, il declino non era roba solo dello scorcio di millennio, era condizione secolare, periodo in cui l’Italia era sembrata un corpo inerte, senza vita. Poi, finalmente, un sussulto, capitava qualcosa per cui il corpaccio si rianimava, una volta era una dinastia, un’altra volta un dittatore….Capitò così anche allora quando la piaga dei Neet sembrava uccidere ogni linfa vitale della nazione. Un uomo, un uomo politico, venuto dalla Sardegna.
Aveva fondato un partito-movimento, sbaragliato tutti alle elezioni, aveva ridato al Paese un governo. “Coi Neet le abbiamo tentate tutte, ci siamo inventati incentivi e agevolazioni, non c’è stato nulla da fare. Adesso si cambia sistema. Pugno di ferro ci vuole con quei scansafatiche! Cosa fanno tutto il giorno questi parassiti? Giocano con il telefonino, mandano messaggi, guardano Internet, sempre con questo aggeggio nel palmo della mano, quando ci parli non ti guardano nemmeno in faccia, fissati su quel maledetto piccolo schermo. E scrivono, scrivono, usando la tastiera incorporata….” L’aula del Parlamento ascoltava in religioso silenzio la tirata del premier ma cominciava a non capire. Lui aveva fatto una pausa, di quelle che creano “suspàns”. “Come scrivono? Ditemi, come scrivono?” Nessun parlamentare aveva alzato la mano per rispondere. “Scrivono con il pollice!” E la “o” di pollice risuonò in tutta la sua inconfondibile tonalità dell’accento sardo. “Scrivono con il pollice!” ripeteva il premier. L’aula continuava a non capire. “E noi glielo tagliamo quel cazzo di pollice! Voglio vedere come fanno a scrivere…” Un deputato del gruppo misto alza la mano. “Scusi Presidente, useranno l’altra mano per scrivere, sarà un po’ scomodo, però….” “Onorevole, lei non capisce la gradualità della pena. Il taglio del pollice è un monito, un avvertimento, se non s’iscrive all’Università allora gli tagliamo la mano, l’altra, mi sembra ovvio no?” E anche la prima “o” di ovvio fu pronunciata con inconfondibile accento sardo. “Impariamo una buona volta da una civiltà giuridica superiore alla nostra: quella musulmana”! Un solo deputato leghista, l’ultimo rimasto, si mise a sbraitare “Scandalo! Tradimento della nostra civiltà..”, ma fu presto allontanato dai commessi, buona parte dell’aula era composta da immigrati di seconda e terza generazione ed i musulmani erano almeno il 44%. Il sardo aveva fatto bene i suoi conti.
La prima esecuzione si ebbe a Milano in piazza del Duomo. Treni speciali, pullman….i tour operator avevano fatto il pieno, gli alberghi scoppiavano. Al posto della ghigliottina un ingegnoso appuntato dei carabinieri aveva proposto una taglierina, di quelle grosse usate nelle tipografie, azionata dal boia, il quale però doveva portare il cappuccio ed essere peloso. Fu trovato il titolare di un centro di fitness. Il primo condannato fu il figlio di un ricco commerciante ebreo (convertito però), che in Sardegna aveva guidato una lista contro il premier. Sapeva un po’ di vendetta politica, un po’ di pulizia etnica, ma insomma…Però un pollice mozzato non faceva l’impressione che fa un testa mozzata, occorreva fare qualcosa che potesse dare alla gente un brivido…..Telecamere piazzate vicino alla taglierina rimandavano l’immagine sui maxischermi ma l’udito? Quel bel “plonc!” che fa la testa mozzata quando cade nel cesto? L’appuntato era uomo pieno di risorse: “Noi mettiamo sul pollice del condannato un bel ditale di bronzo pesante, lungo, e sotto un bel pentolone di rame come quelli per la polenta. Quando il pollice va giù si sentirà ‘dong!’ in tutta la piazza!”
Aaaaaahhh, che maleeeee!”, il grido del condannato fu così lacerante che coprì il ‘dong!’. Gli fasciarono la mano. Un nugolo di giornalisti lo circondò appena sceso dal patibolo: “Allora s‘iscrive all’Università, signor Levi?”, “Sì, sì, m’iscrivo, m’iscrivo..” “Ha già scelto la facoltà, signor Levi?”, “Medicina, voglio fare chirurgia della mano e divertirmi a tagliare dita tutta la vita a questi figli di buona donna che sono venuti a vedere…”
L’appuntato, figlio di sudanesi, immigrato di terza generazione, sconsolato, stava appoggiato alla scaletta del patibolo: “Chi immaginava che strillasse tanto, quello scansafatiche? Il ‘dong’ non si è manco sentito! E adesso magari mi sbattono in Sicilia a combattere la mafia……io che mi aspettavo una promozione a maresciallo…”. -
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PENSIERI DI
UNA MISOGINAdi Margherita Giacobino
Della serie: Condomine, che passione
La signora Perticoni
è bionda, laccata, con gran boccoloni
sempre truccata con le scarpe a punta
tutto il dì sfaccenda in cucina con il suo fido pc:
all’ora di cena digita pizza, arriva il pony
è moderna la famiglia Perticoni,
è open air, open space, open source
seduti al desco marito e figli si scambian
messaggi e cliccano ‘I like’ sui maccheroni
non si guardano in faccia, ma solo i profili,
coltivan gli amici, ne hanno a milioni.
Ma quando l’occhio volge alla tenda
dei vicini, che dall’ultimo bucato il guardo esclude,
si rode il fegato la signora Perticoni:
che orrore i panni stesi sui balconi!
E sogna un mondo senza vita animale
un mondo senza mutande né bucato
dove anche il vicino sia virtuale.Yuppy-dah, la donna di carta
Yuppy-duh e Yuppy-dah sono una coppia di qualità
hanno look, know-how, professionalità
e perfino una bambina, Yuppy-dinah.
Col loro tono superiore hanno alzato il livello
del palazzo: da sei piani a diciotto
loro in vetta, e gli altri di sotto.
Yuppy-dah è così perfetta che sembra dipinta
e in effetti l’altro giorno in ascensore
ho scoperto che è finta: sforzando un sorriso
dalla bocca sdegnosa, le si è stracciato il viso:
era una bambola senza spessore, ritagliata
in carta di riso. -
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Sogno
arancione -
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Cartoline
dal mondo -
Le pinne
in le piscine -
ASPIRINA
n. 6 Estate 2014
REDAZIONE
Loretta Borrelli, Piera Bosotti, Pat Carra, Manuela De Falco, Elena Leoni, Livia Lepetit, Laura Mango
Progetto e sviluppo web: mybreadcrumbs.it
Progetto grafico e lettering dei cartoon stranieri: booh.it
Traduzioni: Margherita Giacobino e Renata Sarfati (inglese)
HANNO DISEGNATO, SCRITTO, CANTATO
Annaurla (Milano) www.annaciammitti.com
Piera Bosotti (Milano)
bulander (Milano)
Pat Carra (Milano) www.patcarra.it
Flavia Company (Barcellona) fcompany.blogspot.it
Giulia D’Anna Lupo (Parigi) www.giuliadanna.com
Dalia Del Bue (Londra) daliadelbue.blogspot.it
Liza Donnelly (New York) lizadonnelly.com
Doaa El Adl (Il Cairo) www.cartoonmovement.com/p/5899
Elisatron (Milano) www.milanox.eu/category/memorie-di-una-flaneuse
Isabel Franc (Barcellona) isabelfranc.blogspot.com
Margherita Giacobino (Torino)
Ila Grimaldi (Napoli) www.ilariagrimaldi.it
Elena Leoni (Milano) www.booh.it
Le Pinne (Milano) it-it.facebook.com/pages/Le-Pinne
Livia (Milano)
Ludwig/Margherita Morgantin (Milano)
Eva Macali (Roma) www.zabadaba.it
Giuliana Maldini (Milano)
Cyrilla Mango (Milano) idoloridellagiovanelibraia.blogspot.it
Mantissa (Milano)
Susanna Martìn (Barcellona) mystorycomic.blogspot.com
Sara Menetti (Bologna) www.saramenetti.it
Marilena Nardi (Treviso) www.marilenanardi.it
Lara Orrico (Milano) laraorrico.blogspot.com
Isia Osuchowska (Vilnius, Istanbul)
Clara Rizzitelli (Torino)
Roz/Rosella Simonari (Jesi) www.theps09.blogspot.it
Teresa Sdralevich (Bruxelles) www.teresasdralevich.net
Ste (Parma)
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Edizioni Libreria delle donne di Milano
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