di Margherita Giacobino
Queste pagine si rivolgono a chi intenda conoscere ed eventualmente perfezionare (ci vuole talento e molta applicazione) la nobile arte della misantropia, troppo spesso misconosciuta, in quanto di solito praticata in solitudine e appartato distacco da ogni forma di società umana. La misantropia ha risvolti pratici oggi utilissimi, in quanto tecnica di resistenza agli attacchi congiunti del terrorismo mediatico, familiare, islamico, burocratico e interiorizzato. È efficace come rimedio contro le forme più perniciose di infantilismo, buonismo e bullismo; in dosi adeguate, ha proprietà antidepressive e si può usare con profitto in poesia, nelle arti applicate e cucina. Nei rapporti umani, se maneggiata con sottile expertise, ripara dalle inevitabili umiliazioni del vivere sociale e social con il balsamo di una risata, magari solitaria ma autentica. E non dimentichiamo quella importante branca della misantropia che è la misoginia, indispensabile per sopravvivere alle donne di oggi nella giungla della parità dei sessi e dei soprusi.
Avvertenze: la misantropia può essere controindicata in caso di: carrierismo, desiderio di consenso e vaste intese, seduzione in atto, ego fragile e bisognoso di approvazione. Non sono previste attività di gruppo. Si pratica in solitudine. Non è virale.
Definizioni
Partiamo classicamente dalle autoritates per antonomasia, i dizionari. Il Treccani online fornisce la seguente definizione colpevolizzante:
Misantropia: Avversione verso la società, che si manifesta nella ricerca della solitudine e nel rifiuto scontroso di ogni forma di socialità: è un atteggiamento dovuto sia a disprezzo e odio verso l’umanità nel suo complesso, sia a incapacità di prendere parte attiva alla vita. In taluni casi, pur non avendo per sé carattere patologico, può essere espressione di certe affezioni psichiche (sindromi maniaco-depressive, paranoia ecc.)
Lo Urban Dictionary online dice invece:
Misantropia: La naturale reazione allergica di una persona intelligente e pensante di fronte a un mondo di proto-umani tribali e reazionari. Una condizione caratterizzata dal bisogno di solitudine e dallo scetticismo circa la nobiltà dei propri simili. Odio e sfiducia nell’uomo (e nella donna).
Due fonti diverse, una formale e ufficiale, una pop e dal basso, e ovviamente due punti di vista diversi e inconciliabili: allo sguardo della società (invidiosa?), che isola e patologizza la misantropa, si contrappone quello dell’individua che critica la società e ritiene la misantropia una forma di legittima difesa in nome dell’intelligenza.
Dove si colloca la misantropa rispetto a queste due definizioni? Certamente più vicina alla seconda, ma con cautela: niente è meno misantropico dell’auto-elogio. La misantropa odia la stupidità umana anche in se stessa, non solo negli altri ‘proto-umani tribali e reazionari’.
Letteratura
La misantropia ha solide basi in letteratura, a cominciare da Molière. Il protagonista del suo Misantropo, Alceste, afferma: ...odio tutti gli uomini: gli uni, perché sono malvagi e malfattori, e gli altri, perché compiacenti con i malvagi, invece di provare per loro quell’odio vigoroso che dovrebbe ispirare il vizio negli animi virtuosi. … E a volte mi prende l’impulso improvviso di fuggire in un deserto all’avvicinarsi degli umani.
Inflessibile e incapace di autoironia, Alceste è esagerato, noioso e rompiscatole, tanto da indurre la lettrice ad accogliere con sollievo l’arrivo del suo amico, quel bonaccione mondano di Filinte, che se vivesse adesso sarebbe un grande dispensatore di I like. Molière fa satira sociale, e le ragioni della satira e quelle della misantropia non vanno mai confuse: trattasi di due cose assai diverse.
Jean Baptiste Poquelin, detto Molière, ce lo dimostra ampiamente nelle sue Precieuses Ridicules e Femmes Savantes: bella trovata ridicolizzare le donne che tentano di essere qualcosa di più e di diverso che figlie, mogli e madri! Se il capocomico vuol far ridere la platea gli conviene stare sul sicuro, per esempio essere misogino in una società misogina.
Il potere di ridere è distribuito in modo diseguale in ogni società. Non fa parte di quei poteri che vengono di solito rivendicati, e quindi è spesso trascurato. Fedeli alla divisione dei compiti adottata con tanto successo in altri campi, gli uomini hanno affidato per secoli alle donne la nobile missione di piangere. Gli attuali episodi di bullismo ci danno conferma di come il riso venga, ancora oggi, esercitato spesso in modo violento e non paritario, come offensiva di un gruppo contro un individuo isolato. Alla vittima, ovviamente, non resta che piangere.
La misantropa mette in atto l’azione opposta, cerca rimedio a questa millenaria sproporzione: è un’individua che ride del mondo. Senza peraltro proporsi di farlo piangere perché per le lacrime si rivolge al suo animale preferito, il coccodrillo.
Il grande bersaglio del misantropo Alceste è l’ipocrisia. E pensare che era francese, neanche italiano. Ma erano i tempi della corte, e non esiste corte, palazzo, casta, senza ipocrisia. In effetti sembra che non possa esistere nessun’aggregazione umana, senza ipocrisia. Che nel migliore dei casi prende il nome di diplomazia.
Quindi Alceste invita alla sincerità: bisogna dire la verità, anche a costo di offendere gli altri. La verità, quella cosa sfuggente che oscilla come un pendolo di Poe tra due pericolosissimi pozzi senza fondo: quello dell’individualismo assoluto, e quello dell’ossequio alla società.
Ora, se è vero che un eccesso di verità rischia non solo di renderci inadatti a stare nel mondo, ma anche di farci erigere la nostra parzialità a verità universale, è altrettanto vero che essere sinceri quando tutti mentono è un gesto di riparazione, un eroismo solitario e scervellato, nonché una tentazione irresistibile per la misantropa, come per una bambina aprire la gabbia in cui un nobile carnivoro sia tenuto prigioniero…
Ecco Leopardi:
Oggi chi conoscendo ed avendo sperimentato il mondo, non è divenuto egoista, se ha niente niente di senso e d’ingegno, non può esser divenuto che misantropo.
Il Giacomo ci aiuta a chiarire immediatamente un presupposto: la misantropa non è colei che odia l’umanità per predisposizione innata e a priori (benché, secondo lui, e io mi permetto di condividere il suo parere, occorrano anche doti naturali quali il senso e l’ingegno) bensì colei che ha sperimentato il mondo e ne è rimasta giustamente delusa.
La misantropa quindi non è colei che, odiando l’umanità, si adopera per distruggerla, per fregarla, per sottometterla, umiliarla e trascinarla nella bassezza: a questo ci pensano già i politici, i capitalisti, i fondamentalisti, i sessisti, i razzisti, i consumisti, i qualunquisti ecc… insomma tutto il resto della gente. Se diamo retta al Giacomo, la misantropa è il risultato finale di un processo, che ha un prima e un poi: e il prima non può essere che un certo idealismo – da piccola credeva che il mondo fosse, o potesse diventare, un luogo vivibile, a volte perfino bello.
La misantropa come angela caduta dal cielo degli idealisti. Munita di paracadute (buon senso e intelligenza) non si è schiantata, ma solo fatta male.
Dolorante, si è rialzata e ha detto: Ah, ecco come stanno le cose. Che stupida a non accorgermene prima! E si è fatta una risata su se stessa.
La misantropa sa che non è finita, che cadrà ancora, che si farà ancora male – è tosta, si rialza e va avanti.
Gustave Flaubert era notoriamente ossessionato dalla stupidità, al punto da dedicare ad essa un libro (Bouvard e Pécuchet) e da collezionarne infiniti esempi in uno stupidario, croce e delizia del suo tempo libero.
“La Stupidità pubblica mi sommerge.” scriveva. “Sento salire dalla profondità del suolo una irrimediabile Barbarie… Non si tratta di politica, ma dello stato mentale della Francia.”
“Quando usciva da un salotto in cui si erano dette per tutta la sera insulse banalità’” dice di lui l’amico Maupassant “era depresso, accasciato, come se lo avessero bastonato, come se fosse diventato idiota lui stesso… La stupidità umana lo ferì per tutta la vita, come feriscono i grandi dolori intimi e segreti. La considerava un po’ come una nemica personale, che si accanisse a martirizzarlo.”
Il vecchio Gustave ci svela qui un punto dolente della misantropa, che è bene conoscere da subito: la misantropa non riposa sugli allori, non vive nell’isola felice della sua solitudine – tranne nei momenti in cui si dedica alle sue attività preferite, come la letteratura, la poesia, il sogno o l’immaginare delitti perfetti – bensì è in guerra continua contro la stupidità umana che la bracca. La sua missione consiste nel sopravvivere portando in salvo ciò che possiede di più prezioso: il cervello.
Misantropici idilli
A questo punto la scrivente si scusa: finora non ha citato che uomini. Per rimediare, propone un piccolo celestiale intermezzo dickinsoniano:
L’anima sceglie
la sua compagnia
Poi chiude la
Porta
Alla sua divina
Maggioranza
Altri non presentare
*
Com’è felice il sassolino
Che rotola per strada tutto solo
E delle carriere non si cura
E delle esigenze non ha paura.
E quali parole più adatte per evocare attorno a noi paesaggi di appartata bellezza, se non quelle di Emily Brontë, che ci portano nelle brughiere dello Yorkshire: Che bella zona è questa. In tutta l’Inghilterra, non credo che avrei potuto trovare un altro posto così totalmente distaccato dal trambusto della vita sociale. Un perfetto paradiso per misantropi.
Misantrope che amo
Restiamo, naturalmente, in campo letterario. Scrive Patricia Highsmith nei suoi diari: Perché i miei tascabili non vendono in America? Mi dicono che sono ‘troppo sottili’ e ‘non c’è nessun personaggio piacevole.’ Forse è perché a me non piace nessuno. Il mio prossimo libro potrebbe parlare di animali.
La misantropa non può che simpatizzare per le creature mute, e non solo perché non dicono sciocchezze, ma anche per la sua radicata abitudine a mettere in dubbio ciò che di solito viene dato per scontato. Uccidere e sfruttare gli animali è un presupposto taciuto su cui si regge l’umana società; Highsmith lo rovescia e scrive un intero libro di racconti in cui gli animali uccidono i loro nemici e oppressori umani, Delitti bestiali.
Per dirla in termini attuali, la misantropa è un’antispecista, che rifiuta i luoghi comuni tipo quelli che attribuiscono le qualità più specificamente umane agli animali: la stupidità agli asini, la ferocia alle tigri ecc…
Ma la fondamentale lettura per principianti sono i Piccoli racconti di misoginia che possono essere considerati un inventario dei tipi femminili più deleteri, siano essi fallimentari come la donna oggetto o vincenti come la puttana patentata, ovvero la moglie. La misoginia di una donna è ovviamente diversa da quella di un uomo, per una semplice questione di punti di vista. Il misogino prende in giro le donne che cercano di sottrarsi allo stereotipo (come le preziose ridicole o la bisbetica domata), la misogina le saccagna invece proprio perché su questi stereotipi si modellano, facendoli propri. In particolare, Highsmith è allergica alla dipendenza affettiva ed economica delle donne che fa di loro o vittime o tiranne lamentose. Il femminicidio, inteso come uccisione simbolica della femmina tipica, è una pratica che Highsmith caldeggia largamente. Nevrotica geniale, insoddisfatta cronica, specialista nel seguire i più tortuosi sentieri dell’inconscio, Highsmith non approda mai alla saggezza, all’equilibrio, all’autocompiacimento della scrittrice riconosciuta, e di questo le sia reso grandissimo merito.
Dai suoi diari: I miei giorni più felici non li ho mai passati con la gente. Disciplina, solitudine e vita ascetica non sono difficili per me, ma non mi piace il senso di essere virtuosa che mi prende dopo un paio di giorni che faccio quella vita. Mi scoccia essere virtuosa, mi scoccia la virtù, la considero stupida. Non si è mai così tristi, così veri, in un senso nuovo, come quando si ride. Quando un artista è serio, si limita a costruire un pezzetto di sé, non il tutto.
Siccome la vita in questa società è, nel migliore dei casi, una noia mortale e siccome nessun aspetto della società è rilevante per le donne, alle donne dotate di senso civico, responsabili e amanti delle emozioni non resta che scalzare il governo, eliminare il sistema monetario, istituire la completa automazione e distruggere il sesso maschile.
La nostra società non è una comunità, ma semplicemente un mucchio di unità famigliari isolate. Una comunità vera è fatta di individui – non semplicemente di esseri della stessa specie, o di coppie. I maschi non possono lavorare insieme per uno scopo comune, perché lo scopo di ogni uomo è tutta la fica per lui solo. (V. Solanas SCUM)
Citazione inevitabile parlando di misantropia, Valerie Solanas fu una geniale disadattata che visse per tutta la vita in margine alla società e teorizzò che solo chi vive fuori da ogni ruolo sociale rispettabile e produttivo può vedere, pensare e parlare con lucidità.
Misantropa o misandra? Certo, Solanas odiava i maschi per essersi appropriati con la violenza e l’inganno del femminile umano, ma non era certo tenera con le donne perbene, le figlie di papà rispettose, carine e magari anche intellettuali, così abituate a compiacere gli uomini che continuano a farlo anche quando sono in compagnia esclusivamente di altre donne.
Misantropa a pieno titolo, Solanas è la lettura ideale per mettere in luce la correlazione tra misantropia e radicalismo.
Le migliori, le autentiche misantrope praticano il pensiero radicale.
Cos’è il pensiero radicale? Lo chiamo così per distinguerlo da quello amputato, che è il tipo più comune. Il pensiero radicale è quello che arriva alle radici, che comprende tutto quanto (tutta la persona, tutta la sua capacità di ragionare), e per questo lo si chiama anche estremo. Quello amputato è invece reciso alla base come un fiorellino di serra che appena lo metti in vaso china la testa ossequioso e spira. Le donne perbene (quelle che per Solanas appartengono alla feccia dell’umanità, cioé la borghesia educata) praticano abitualmente il pensiero amputato perché hanno paura che il pensiero radicale possa aprire ai loro occhi squarci di realtà, e non c’è niente che una donna perbene tema più della realtà.
*la rubrica Pensieri di una misantropa è pubblicata su Aspirina
*l’epub Pensieri di una misantropa/Crocodiles in love, illustrato da Teresa Sdralevich, è acquistabile nello shop di Aspirina
* è in tutte le librerie Il prezzo del sogno (M. Giacobino, Mondadori 2017), biografia romanzata di Patricia Highsmith